Diario di Bordo | Vedi Napoli e poi… Mare

Day 1 Corticella (Procida) ➡️ Cala Sammontano (Ischia) ➡️ Porto Romano (Ventotene)

Il nostro sbarco in terra azzurra si può riassumere in un grande, caldo abbraccio. Il sorriso partenopeo ci abbaglia da subito. Tante risate sul pullman da Napoli a Monte di Procida, subito coccolati da Robi, Massimo, ed Enzo che ci sono venuti incontro prelevandoci con i bavarioni della flotta di Progettoceano Charter Napoli.

Un servizio da Ré, un chart briefing tutto core, con Roberta che dirige il suo indice della mano nelle cale segrete del suo mare.

Cena da Salvatore Mimante, pizza fenomenale salsiccia e friarielli, eccellente fritturina di paranza con il pescato del giorno. Similitudini, empatia, voglia di fare bene, tanti aspetti dove Romagna e Procidani i si somigliano e per questo pure si pigliano.

Gente innamorata della propria isola, un’isola piena di grazia con i suoi colori, che si distingue lí, una grande bellezza davanti al golfo di Napoli. Allunghiamo il rientro e dopo cena percorriamo gli scalini di Corticella, Patrimonio UNESCO. É quasi l’una e ci sembra il paesaggio incantato delle fate. Siamo nel mezzo di una una fiaba e c’è il tempo per un ultimo sorbetto al limone.

Aaaaa i limoni, secondo me li hanno inventati qui, sono nati su quest’isola, li mordi crudi e non ci credi dal gusto. É mattino, si salpa alla volta di Ischia.

E’ domenica e dunque c’è un po’ di traffico, un’onda lunga da Maestrale dimezza le baie “utili” dell’isola e così Cala Sammontano piano piano si riempie.

Il primo bagno è giusto, acqua fresca piacevole. Le terme di Negombo restano un opzione scartata ma l’obiettivo nostro resta un altro e dopo un pranzo a bordo con burrata, pane fresco e alici salpiamo le ancore per guadagnare 20 miglia.

Tredici nodi sul muso, arriviamo a Ventotene al tramonto tenendo rigorosamente l’isola di Santo Stefano a sinistra.

Ci viene incontro il gommone di Enrico, con la splendida notizia che sono rimasti gli ultimi quattro posti nell’antico Porto Romano. Fuori si rolla troppo.

Noi siamo tre ed entriamo di poppa con i “nostri” 50 piedi nell’angusto e suggestivo ingresso tra gli scogli affioranti, sapientemente guidati dai ragazzi del porto.

Ultima volta alla galloccia con la cima del corpo morto ancora in mano, alziamo la testa e solo ora ci rendiamo conto di dove siamo.

Rocce morbide, con scalini e tufo scavato, un grande faro sulla punta ed il paese ancora verde in alto. Un porticciolo minuscolo ma così pieno di storia che si sente il peso. Suggestione, i compleanni di Karl e Matteo accendono la serata, i brindisi iniziano prima ma bisogna aspettare la mezzanotte per quello ufficiale.

Siamo un’allegra compagnia, gli equipaggi si mischiano, ballano, ridono, il viaggio Albatros è iniziato nel migliore dei modi, finalmente estate, finalmente Napoli. 🌊🍕💙

Day 2 Porto Romano ➡️ Chiaia di Luna (Ponza)

Risveglio caldo, sono le 8.00 ma il sole è potente, qualcuno è già in paese a cercare del pane caldo. Al centro della banchina di Porto Romano, c’è un tavolo bianco di plastica con cinque sedie.

Ne approfittiamo per scambiare quattro chiacchere con Enrico e capire un po’ meglio la storia di questo porto così antico.

Dopo qualche minuto nella sedia libera si accomoda un uomo, si chiama Aniello. Avrà 85 anni, è pieno di rughe in viso ha un naso pronunciato, grandi orecchie ed i capelli bianchi. É nato a Ventotene, è un ex comandante di motovedetta, conosce ogni sasso di queste isole e custodisce storie incredibili. Segreti storici degli ultimi 100 anni di Italia.

Restiamo oltre un’ora ad ascoltarlo ha un lessico forbito, una grande proprietà di linguaggio, una lucidità impressionante oltre che una memoria di ferro.

Ricorda ore e date di ogni citazione, tanta umanità quando racconta delle sue operazioni in mare. Ai tempi, quando era in servizio, le problematiche principali in queste acque erano legate al grande flusso di sigarette.

Era severo quando intercettava le rotte dei contrabbandieri, ma con grande cuore ammette di averli aiutati quando il mare in burrasca avrebbe messo in pericolo la loro vita. In quei casi qualche sigaretta restava agli isolani, perché comunque anche a Ventotene bisognava pur fumare.

Racconta di quando era bambino, esattamente il 24 luglio del 1943 alle 09.15, quando gli americani affondarono la Nave Militare Santa Lucia ridossata all’ancora al riparo dal Maestrale.

Nel passaggio l’incrociatore mitragliò anche il porto Romano che porta ancora le cicatrici di quella sparata. I soldati alleati tedeschi che in quel periodo presidiavano l’isola per qualche anno si sono mescolati ai Ventotenesi.

“Misciu Misciu”, come si dice ad un gatto, era la voce della commariella che richiamava il giovane tedesco per fare l’amore, perché comunque anche in guerra la vita sull’isola continuava e si doveva pur sopravvivere.

E poi ancora l’incredibile vicenda dell’evasione di Lucidi e Piermartini dal carcere di massima sicurezza di Santo Stefano nel 1960. Tutte storie dove le isole ed il mare sono la cornice ed aggiungono quell’alone di mistero ai fatti. 

Sono le 10.30 prima di salpare, stringiamo con onore la mano di Aniello, salutiamo Enrico ed ancoriamo alla fonda dietro lo Scoglio della Nave. Bagno splendido, pranzo e relax.

Nel pomeriggio trasferimento sino a Ponza, 23 miglia, il vento latita e sarà così almeno per i prossimi 3 giorni, ma va bene così. Procediamo a motore, circa a metà un gruppo di allegri delfini viene a giocare sulla nostra prua. L’acqua è una tavola e così decidiamo per ancorare nell’ampia Chiaia di Luna sul versante Ovest.

La spiaggia da qualche giorno è chiusa ai bagnanti per un pericolo frane, solo tre barche oltre a noi. La luce che investe la baia è forte, l’alta parete di roccia bianca è spaccata in alcuni punti da sulfuree venature verdi e d’orate.

Un piccolo polpo ci saluta proprio sotto la barca, tramonto clamoroso.

Impacchettiamo le barche, Cristiano ha preparato l’impasto e dai tre forni escono pizze fantasia, che spettacolo!
👴🍕🇮🇹🐬

Day 3 Chiaia di Luna ➡️ Cala del Francese (Palmarola)

I colori di Chiaia di Luna al mattino sono incredibili e cambiano ad ogni ora. La baia è rivolta ad Ovest e piano piano il sole entra nella baia e ne illumina la parete di tufo bianco alta oltre 100mt.

Il mare è turchese e la sabbia che la sera prima era nascosta dal riverbero del sole ora è bianchissima sotto le nostre barche. L’accesso via terra alla Chiaia (spiaggia) è consentito attraverso un tunnel romano scavato nella roccia. In alto la necropoli domina il paesaggio.
Talmente bella che è difficile salpare e così rimandiamo di qualche ora il momento di salpare.

La fame e la voglia di seguire il nostro motto “l’isola più bella è sempre la prossima da scoprire” muove la flottiglia verso Palmarola, 5 Miglia NW da Ponza.

Eolo lavora bene e continua la sua opera di cucirci addosso la settimana perfetta per mantenere il mare calmo e darci l’enorme possibilità di vedere ogni cala delle isole e su qualsiasi versante. Solitamente i venti predominanti sono Maestrale e Scirocco, ma nella nostra settimana solo leggere brezze da terra, che regali!

Ne approfittiamo per ancorare a SW di Palmarola a Punta Vardella. Restiamo estasiati dai colori, ammiriamo a sinistra lo scoglio di Suvace e Cappello, i Faraglioni di Mezzogiorno, entriamo nell’incantevole grotta alta circa 20 metri, una vera esplosione di colori dal buio guardando verso l’esterno!

La sera muoviamo a Nord verso Cala del porto, il mare nella costa a ponente di Palmarola, ha scalpellato, graffiato, disegnato falesie e faraglioni, un’opera d’arte millenaria, una delle poche dove l’uomo non è intervenuto, la natura a regola d’arte, alla quale dovremmo lasciare il compito di stupirci.

Ancoriamo davanti al Ristorante ‘O Francese, anche la baia oramai è conosciuta con questo nome perché Giuseppe Tagliamonte, ponzese, soprannominato “O’ Francese” perché era emigrato in Francia nell’anno 1927 e lì restò per 32 anni. In questo periodo conobbe una ragazza nata a Marsiglia da padre Procidano e da madre Ponzese (cugina del “Francese”) ll sig. Martusciello nel 1965 acquistò la proprietà dall’amico francese lasciando questo nome.

Ora è la nipote, la splendida Fabiola, a proteggere e custodire questo luogo magico da ormai tre generazioni. Il tramonto sembra più lento del solito, é solo una sensazione ma a volte succede anche questo. Cena magnifica tra antipastini di pesce, verdure dal sapore intenso, ed una griglia di ricciola e spada da urlo. A mezzanotte altro brindisi, è il compleanno di Annamaria che si è accordata con Fabiola per soffiare le candeline sulla torta. Un compleanno davvero speciale per lei, una serata che sarà difficile da dimenticare per tutti noi, questa cala ha un energia speciale…

Day 4 Palmarola ➡️ Ponza

Sono le 06:00 il sole è appena entrato nella baia, le barche sono orientate ognuna in maniera diversa poppa/prua, l’acqua è ferma, zero nodi di vento. Tutto è immobile, nessun rumore, tutti dormono, sono dentro ad un’immagine e sono l’unico in movimento. Cammino piano uscendo dal pozzetto verso prua.

Faccio un giro lento a 360° gradi per osservare l’intero quadro, l’ho già detto ma Cala del Porto (ora Cala del Francese) ha un’energia particolare. A Sud appena all’ingresso della baia c’è un faraglione alto circa una settantina di metri. Lassù in alto sulle rocce un santuario. Prima che la canicola renda complicata la salita dei gradini, con i tender arriviamo sul punto d’approdo ed iniziamo la scalata.
Il Santuario é stato costruito in onore di San Silverio, santo protettore di tutti i pescatori dell’isola di Ponza e Palmarola. Sono tante le leggende, i salvataggi miracolosi riusciti a San Silverio, burrasche importanti che avrebbero dovuto distruggere intere flotte alla quale invece il Santo avrebbe indicato la retta via di casa.

Chissà invece, pensiamo noi, centinaia di anni fa com’erano abili questi marinai. Quante tempeste hanno affrontato e sconfitto, a secco di tecnologia e previsioni meteorologiche, solamente con l’abilità, la forza e la lettura del cielo, con barche costruite in legno, solide e marine.

Qui l’onda da Maestrale o da Scirocco è davvero potente. Le grotte ed i faraglioni scavati fanno solo immaginare cosa si arriva ad abbattere qui con venti di burrasca.

Oggi qui regna la calma, sono le 11 e con un po’ di malinconia salpiamo le ancora salutando con la mano Fabiola che ricambia dalla terrazza bianca del suo regno.

Giriamo l’isola di Palmarola a Nord, il sole a picco crea un gioco incredibile di colori, faraglioni e coste scoscese a picco sul mare, scogli scavati come organi e le pioggie di Maggio che hanno rinverdito l’intero profilo dell’isola, é racchiuso tutto qui il fascino di Palmarola. Ancoriamo per uno Spaghetto alla Carbonara Scientifica davanti a Scoglio Spermatura sul versante E dell’isola, sabbia, bianchissima sabbia che crea l’effetto saltpool.

É la giornata più calda di tutte, si mangia e poi tutti subito in mare. Nel pomeriggio via d nuovo verso Ponza, poche miglia e siamo a Cala dell’Acqua, un portacisterne “ci suona” perché diretto nella stessa baia, ci mettiamo sul lato sud concedendogli lo spazio necessario per la manovra.

Sono le 18:00 completiamo il periplo di Ponza da Nord attraversiamo al centro il passaggio tra l’isola di Gavi e Scoglietti. Entriamo in porto a Ponza, una rada circolare e ben protetta dal II, III e IV quadrante.

Su raccomandazione della preziosissima Roberta Di Vaio, ci ancoriamo al pontile da Enros. L’attracco al centro sul pontile galleggiante é il bello perché ci permette di ammirare le casette colorate e le strade bianche di Ponza e mantenere un orizzonte a 270°, spettacolo! Sfalsiamo gli alberi perché le onde dei traghetti potrebbero farli avvicinare pericolosamente.

Massimo é deciso a cucinare un ragú di pesce per l’intera flottiglia e torna dal mercato con una cerniola, due scorfanetti, un sacchetto di veraci ed un gambero. Gina, diretta dallo chef è dal verduraio per acquistare: datterini (tantissimi), cipolla, friggittielli e melanzane striate… Slampati, mmmhhh che gusto nun potete capí!

Scendiamo a terra, le luci ed i colori di Ponza sono arabeggianti. Gli archi illuminati sulla passeggiata del porto creano un effetto circense. Sembra che da un momento all’altro possano sbucare lungo la palata tigri ed elefanti.

Mentre raggiungo il resto del gruppo piazzatosi nel baretto in fondo, vicino al fanale di sinistra, aiuto un vecchio pescatore salire a bordo della sua barca.

C’è alta marea, i barchini sono ormeggiati tutti in prua. Tengo tesa la cima, sale agile nonostante le rughe e ringrazia sincero, avendo riconosciuto un’altra anima di mare.

É una serata speciale, domattina all’alba Franci prende il primo traghetto per Formia, raggiunge il suo papo che ha un intervento. É incredibile come in barca, in soli quattro giorni, si riescano a stringere certi legami profondi, gli abbracci sono veri e carichi di energia positiva, andrà tutto bene. 

Una boule di Gin Tonic ci permette di brindare alla vita, siamo proprio fortunati noi “Albatros” e tutti in cerchio ci mettiamo a ballare sulle note di 🎶 O’Sarracino, O’Sarracino, bellu guagliooone 🎶 🐟⛵🇮🇹

Day 5 Ponza ➡️ Ventotene

Sono le 06.45 è già caldo ma la luce è ideale per salire in paese. Su in alto a strapiombo sul mare ci imbattiamo in un complesso di piccole casette colorate in stile Mediterraneo, un’arcata di ingresso a fianco del faro, un panorama mozzafiato. Incredibile ma vero si tratta del cimitero di Ponza. 

L’aria che si respira è di festa, a chi riposa è stato riservato l’angolo con la vista più incredibile dell’isola. La bellezza come segno di continuità tra la vita e la morte, colori e scorci pazzeschi e così camminiamo tra le tombe senza sentirci sbagliati, senza dissacrare il luogo, apprezzando questa meravigliosa natura intorno.

Paghiamo il conto e salutiamo i ragazzi di Enros, quindici minuti di navigazione in direzione Cala Core. La superiamo e ci avviciniamo lenti al bellissimo arco naturale chiamato dai locali o’spaccapurpi.🐙 

Scattiamo qualche foto ma togliamo il disturbo e diamo fondo un centinaio di metri più a Nord poco prima di Cala dello Schiavone. Sul versante orientale c’è veramente l’imbarazzo della scelta, ancoraggi miracolosi racchiusi in poche miglia, privilegio Ponziano, un vero lusso per i diportisti.

Al pomeriggio si alza il vento e finalmente alziamo le vele in rotta per Ventotene, per una ventina di minuti tutte e tre le barche della flotta navigano a farfalla con il vento in poppa, forse a guardarci siamo anche stilisticamente belli da vedere a pochi metri gli uni dagli altri.

Ma è solo un’illusione, appena 7 miglia “via dall’isola” il vento termico cala e accendiamo i motori. Il sole morde le caviglie, dopo 3 ore di navigazione arriviamo fuori dal Porto Romano, Enrico ci viene incontro con il suo gommone, domani mattina il nostro intento era di far visita al carcere di S. Stefano, ci eravamo sentiti al telefono concordando tutto ma lui si scusa sincero e ammette di essersi sbagliato sottolineando che lunedì e venerdì sono i giorni in cui le visite sono interdette.

Ci offre l’ingresso in porto, ma stasera qui all’ancora regna una bella pace, stiamo. É ormai buio, sarà nottata senza luna, le luci di fonda in testa d’albero sono accese e si guardano, le amache sono super gettonate, domattina è stata indetta una partenza all’alba, ventotene mia, stai serena, torneremo presto a trovarti. 
🌈🏊‍♂️🐚

Day 6, Day 7 Ventotene ➡️ Castello Aragonese (Ischia) ➡️ Vivara (Procida)

In barca il suono della sveglia è più soave, tirarsi su all’alba non è pesante, ti sembra di giocare d’anticipo con gli orologi del tempo. E poi la pace della mattina, il mare piatto ed i colori di Ventotene e Santo Stefano che sono diversi ancora, la speranza che sia l’ora buona perché un pescione si attacchi alla nostra lenza. Salpiamo e ci mettiamo in rotta per Ischia, il sole sbuca un po’ più alto rispetto all’orizzonte, c’è leggera foschia a Est. 

Dopo 30 minuti la frizione del mulinello parte violenta, ci siamo!? No è solo un’effimera illusione, dopo 5 secondi neppure il tempo di recuperare la canna e tutto tace nuovamente. Lo sgombro finto è lì che ci segue lucido, ma con una bella dentata sul fianco… Peccato l’abbiamo perso.

Sono le 08.00 siamo a 2 miglia dal maestoso faro di P.ta Imperatore a W di Ischia, stropicciandoci gli occhi incrociamo con lo sguardo un’orda di centinaia di motoscafi che tagliano la nostra scia a poppa.

É venerdì inizia il weekend, sembra una gara di motonautica, dal continente (golfo di Napoli) tutti sono partiti “presto”, la manetta del gas è spiattellata a fine corsa, motori urlanti è una gara a chi arriva prima in baia, tutti a scegliere il punto di ancoraggio migliore.

Che follia, fan quasi spavento, per fortuna siamo passati davanti altrimenti avremmo avuto un forte mare incrociato lì in mezzo. Che pazzia, mai visto tante barche correre in uno specchio d’acqua così stretto, una corsa frenetica, quasi impazzita.

Rispettiamo tutti, il mare è grande ma quando vediamo queste scene, siamo contenti di appartenere alla categoria giusta. Costeggiamo le scure rocce vulcaniche di Ischia sul lato sud, rallentiamo e facciamo un inchino a Sant’Angelo, porticciolo caratteristico con alle spalle l’antico borgo marinaro. Sono le 09.15 e siamo già ancorati sotto il Castello Aragonese non sappiamo ancora cosa ci aspetta ma dal basso siamo già in profonda ammirazione. La prima costruzione su quella che inizialmente era un’isola di roccia vulcanica risale al 400 A.C.

Un sasso pieno di storia che nel corso dei millenni ha cambiato volto, utilità ed ospiti. Resta la bellezza, nonostante sia stato più volte scalfito da guerre e nelle ultime da spari e bombe mantiene il suo fascino originale. Grazie all’intuizione di un avvocato napoletano che acquistò il castello messo all’asta dal demanio agli inizi del ‘900, il forte ha ripreso vita, é uno dei rari casi in Italia dove gli ingressi a pagamento dei visitatori e la realizzazione di eventi pubblici e privati, permette l’autosostenimento ad una struttura così maestosa che riesce così a splendere e dominare tutto il golfo di Napoli.

Onorevole il comportamento e preziosa la gestione da parte di questa famiglia privata, si vede che ci sono cura e passione.

Iniziamo a muoverci con i tender siamo in 27 e dunque ci aspettano diverse corse, la visita al castello é entusiasmante, sparsi tra i ruderi sono state sistemate sedie teli e proiettori; questa sera infatti inizia Ischia Film Festival, sarà bellissimo qui stasera.

Usciamo dopo 3 ore un po’ accaldati ma estasiati, con la grande possibilità di caricare sui tender zaini vestiti e macchine fotografiche e di rientrare in barca a nuoto.

Nel pomeriggio ahimè é tempo di rientro alla base dove ad attenderci troviamo Roberta Enzo e Massimo che sono al distributore, ci accordano con tanto cuore, il pass per godere di un’ultima notte in baia.

Dopo aver rifornito le barche di carburante andiamo ad ancorare a sud dell’isola di Vivara, sul versante SW di Procida. Bagni al tramonto ed ultima notte in rada e ovviamente gli equipaggi danno il meglio di loro stessi, dalla cucina, nota di merito per il risotto allo champagne di Vito, sublime.

Tutti gli equipaggi riuniti su “Ti tengo d’Okkio”, si ride si balla, Lori da brava pugliese si esalta sulle note della pizzica e vederla danzare è un piacere, battiamo le mani a tempo.

A mezzanotte tutti in acqua, il mare è calmo, caldo, come ultimo regalo le lucciole sott’acqua si accendono ad ogni tuffo, la fluorescenza del plancton per molti è un’emozione mai vista e giochiamo come bambini nuotando tra mille lucine naturali. Che spettacolo, il “Mare in amore”! ✨🌊

Sono le 8.57 e, come da accordi, le tre barche della flotta sono ormeggiate al pontile di @progettoceano nel porto di Procida. Riabbracciamo forte Roberta Di Vaio e Massimo registi e coordinatori della nostra settimana perfetta tra le isole Ponziane e Partenopee.

Siamo tutti un po’ commossi nel salutarci, c’è tempo per un sorriso, un ultimo brindisi e per un urlato: “Arrivederci a presto amici” 💙😢⛵