Sono anni che il settore della Nautica in Italia viene definito in crisi e da sempre le cause vengono attribuite a fattori esterni…
“Eh ma non ci sono i posti barca a prezzi accessibili”
“Si é persa la cultura marinaresca, non viene più insegnata ai giovani nelle scuole”
“Se compri una barca e diventi armatore ti etichettano come evasore”
“La burocrazia che sta dietro alla gestione di documenti ed alle dotazioni di sicurezza è snervante e ti fa passare la voglia”
La lista dei motivi è lunga, potremmo andare avanti ore e scrivere un dibattito che alla fine porterebbe a dire sempre che la colpa è degli altri. Un grande classico, molto attuale ai tempi nostri, applicato ogni giorno su qualsiasi tema, il famoso scarica/barile.
Problemi reali quelli sopracitati, che le associazioni di categoria provano a risolvere da tempo ma che al momento non sembrano trovare troppo spazio ai tavoli di discussione che contano. Aspettando che la situazione cambi e migliori, vorrei sottoporre a un quesito agli operatori del settore…
“Io scuola, io circolo, io istruttore cosa sto facendo per cambiare le cose?”
Nella nostra società la buona scuola é importante, i professori hanno una grande responsabilità nei confronti dei ragazzi. Ho amici veri che stimo molto, sono ottimi insegnanti nella scuola dell’obbligo, grandi comunicatori, sono in grado di svolgere un lavoro che, con tutte le distrazioni di oggi, risulta difficilissimo.
Se questo è vero per la scuola dell’obbligo deve essere per forza vero anche per le scuole nautiche. Si tratta della responsabilità di un istruttore, che deve aver pazienza, che deve ripetere le cose ciclicamente, si tratta del valore da attribuire alla parola insegnare che deve avere un peso. Pensate che bello diventa, allora, insegnare e che responsabilità è ogni sera varcare la soglia della classe. “In” “segnare”, segnare dentro: non trasferire il proprio sapere, perché questo non basta. Ma segnare, mettere un sigillo, accendere un fuoco.
Quando qualcuno apre la porta di una scuola, di un circolo o di un centro nautico é perché prova la curiosità di avvicinarsi al mare. E quando proponiamo un corso di vela o di patente nautica vendiamo una gran bella idea, che peró deve diventare un progetto concreto, non può restare un sogno.
Non é sufficiente permettere agli allievi di raggiungere il titolo di comandanti di imbarcazioni da diporto, la patente non basta. C’é un momento preciso in cui la nautica può crescere e svilupparsi ed é questo! Si può lasciare che le persone “mollino”, ripongano la patente o la cerata che profuma di nuovo nel cassetto del passato… oppure le si può avviare, si può contribuire a far si che “mollino” gli ormeggi e partano per la loro avventura più consapevoli, le si può lanciare, accompagnare, rendere sicure e indipendenti verso il comando. Parte tutto da qui, si può decidere di lasciare la mano e farli tornare a riva oppure si può consegnare definitivamente il timone ed appassionare alla navigazione, alla vela.
Sapete cosa gliene frega ad un vero appassionato dei problemi quando prende in mano la drizza randa e issa la vela? Poveri sfigati, osserva la costa dal mare, lascia a terra i problemi, é nel suo momento di libertà, i pensieri negativi sono già superati perché la passione vince sempre.
I modi per navigare esistono e se non ci si può permettere di essere armatori esistono circoli, società, centri nautici e scuole che mettono a disposizione/noleggiano barche. Ci sono società o stabilimenti che gestiscono squeri e corsie per varare piccole unità per uscite giornaliere.
C’é sempre un modo per navigare, l’importante è accendere la passione, perché ogni vela all’orizzonte è un piccolo fuoco in mezzo al mare.
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